
Questa settimana ho avuto tempo per pensare.
Al Partito democratico ho dedicato, in un anno e mezzo, molto, moltissimo e forse troppo tempo e troppe energie. Un partito che si è rivelato dilaniato visceralmente da contrasti tra opposte fazioni che volevano piantare le bandierine, da gruppuscoli che hanno visto nel Pd la possibilità di vendicarsi di torti subiti.
Basso e per nulla innovativo è stato il livello dell'analisi politica sul motivo per cui la sinistra italiana è sempre minoranza: nel 1996 l'Ulivo vinse perché la Lega non era alleata al resto del centrodestra.
E ho deciso che parlerò solo di "sinistra". Anche qui, basta dover dire "centrosinistra" per non urtare delle altrui "sensibilità". Basta perché quello che chiamiamo centrosinistra il resto del mondo lo chiama sinistra, riformista, moderata, quello che volete, ma sempre sinistra perché c'è una destra e una sinistra. C'è destra e c'è sinistra perché ci sono le forze delal conservazione, non necessariamente reazionarie e autoritarie, ma sempre conservatrici perché non ritengono che nella società di ci sia alcunché da cambiare ma semmai una situazione da ben amministrare. E c'è una sinistra perché ci sono delle forze progressiste che, per tutto il rispetto che si può dare a una forza avversa che tuttavia ben amministra, si pone però il problema di come cambiare in meglio la società.
La funzione sociale e storica della sinistra è proprio per questo: individuare le debolezze e le cose che non vanno nella situazione attuale e lottare per migliorarla.
In questi giorni ho letto molto su quanto a Roma avveniva tra i vertici nazionale del Pd. Rispetto la decisione di Veltroni, lo ammiro anzi per aver voluto coraggiosamente porre il Pd davanti ad un trauma che forse lo aiuterà a riprendersi. Temo tuttavia per la fine di un progetto politico nel quale credo, ma che è stato realizzato male. Mi ha fatto schifo leggere le dichiarazioni dei vari "oligarchi" nazionali, tutti pronti a dire che "la rappresentazione di un Pd dominato da 10 oligarchi è francamente eccessiva": i vari Finocchiaro, D'Alema, Castagnetti, Rutelli, Fassino, Marini, tutti pronti a evitare che sia addebiti a loro la colpa della crisi del Pd. Perché sicuramente la colpa è altrui, magari dell'altra corrente, magari degli ex-DL o degli ex-DS. La colpa è sempre di qualcun altro, e soprattutto del "mancato radicamento territoriale".
Eh no!
Il radicamento c'è! Ci sono migliaia di circoli, ci sono tanti militanti e simaptizzanti, che se non si iscrivono è perché pretendono, prima di iscriversi, che si decida se gli europarlamentari eletti siederanno nei banchi del Pse o da qualche altra parte, che si decide se il Pd è contro o a favore del etstamento biologico, che si decida qualunque cosa ma qualcosa si decida. La scusa del radicamento viene propinata da 2 anni per non ammettere che il problema, in realtà, sono i vertici.
E' un'intero gruppo dirigente, un'intera generazione io credo, ad aver fallito. Non è possibile che ancora oggi i "capi" siano, da una parte vecchi dirigenti del Pci che erano parte della segreteria di Berlinguer negli anni Ottanta, dall'altra i dirigenti degli ultimi della Dc, siano Follini o Castagnetti, Marini o Bindi.
L'unica cosa intelligente che ho letto questi giorni è la proposta di Manciulli, segretario regionale della Toscana, di avere come segretario nazionale Martina, 29enne, segretario regionale lombardo.
Dico che è un'intera generazione ad aver fallito perché non è ammissibile che si debba ancora sentire, è accaduto anche a me nel mio circolo, 60enni e 70enni dire che il Pd nasce dalla fusioen delle culture della Dc e del Pci. No! Non può e non deve essere così, perché il Pd è nato per i 20enni e 30enni di oggi, chi come me aveva 8 anni all'epoca della Bolognina, chi come me della Dc e del Psi si ricorda tangentopoli e lo stato sull'orlo del crack. I vari De Gasperi e Togliatti lasciamoli pure dove sono, che probabilmente oggi vomiterebbero a vedere come si comportano i loro "eredi".
E intanto oggi, a quanto pare, sarà eletto segretario ad interim Franceschini. Non mi è piaciuto il modo in cui si èarrivati a tale soluzione, il solito accordo tra i "dieci oligarchi". Ho letto comunque il suo intervento di oggi all'Assemblea nazionale, mi è piaciuto abbastanza anche se non elimina delle ambiguità, ma gli dò tempo di prendere delle posizioni precise su determinati temi. In passato mi è piaciuto per l'equilibrio e lo spirito di andare oltre gli schemi per cui Caio è un diessino e Tizio è un margheritino. Se ragionassi con il modo in cui tanti ragionano, dovrei oppormi a lui perché non era iscritto ai Ds come lo ero io (per due anni appena: a ottobre sarà più lunga la mia militanza nel Pd che quella dei Ds, quindi per cortesia basta chiamarmi "ex-qualcosa"!): ma non è mio compito perpetuare la carriera di qualche dirigente nazionale.
Si premi invece il merito.
Ora ci prova Franceschini (se viene eletto... in questo momento sono in corso le votazioni mi pare): se ci riesce a risolllevare il Pd (non a vincere le elezioni: per questo diamo tempo al tempo, giustamente non possiamo continuare a bruciare i leader in 12 mesi!), se ci riesce bene, sia ricofnermato segretario a ottobre, se non ce la farà, se il Pd si sfascerà o lui non saprà contenere gli scontri interni, vorrà dire che l'ultimo atto dei "10 oligarchi" sarà stato, ancora una volte, un grande fallimento.