Caro/a Presidente,
La diminuzione degli iscritti alle facoltà scientifiche è un fenomeno che tocca molti Paesi dell’Europa e che, in ognuno di questi, assume significati diversi legati alla storia economica, culturale e della scienza. Nonostante il varo della strategia di Lisbona e la dichiarata ambizione dell’Europa di divenire l’economia più competitiva al mondo, scontiamo un ritardo che, senza interventi decisi e immediati, rischia in pochi anni di contribuire all’espulsione dell’Europa e dell’Italia dal “ciclo tecnologico” e più in generale, dall’agone dei Global Players che animeranno le economie e le società del nuovo secolo. Le significative differenze che in questo senso esistono tra i diversi Paesi dell’Unione non impediscono di focalizzare alcune caratteristiche comuni dei processi in atto; la crisi, infatti colpisce soprattutto le discipline teoriche (Fisica, Chimica, Matematica). Nel 1989, solo per fare alcuni esempi, gli iscritti a Matematica in Italia erano 4.396; nel 2000 sono crollati a 1.611, il 63% in meno. Nel 2003 sono risaliti a 1740, cifra ancora infinitesima rispetto a quelle delle economie emergenti. Così per gli studenti in chimica (2.274 nel 1989, 1.293 nel 2000, 1.864 nel 2003) e in fisica (3.216 nel 1989, 1.428 nel 2000, 1.974 nel 2003). Questa c.d. crisi delle “vocazioni scientifiche” si consuma all’interno di un quadro comune ma, come emerge da questi dati, assume tratti particolarmente preoccupanti per l’Italia.A partire dagli anni settanta la percentuale degli iscritti alle facoltà scientifiche (seppur serbando andamenti sinusoidali) è progressivamente diminuita. Se tuttavia nell’ ultimo periodo gli iscritti del settore tecnologico sono comunque in crescita (da 286.394 nel 2000-2001 a 307.918 nel 2004 - 2005), nello stesso periodo di tempo sono calati quelli del settore scientifico (da 31.847 a 27.030): un fenomeno che ha portato lo stesso Ministero dell’Università e la Ricerca ad intervenire con un programma di sostegno specifico per questi percorsi di studi con il D.M. 23 ottobre 2003 (Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti), che prevedeva, fra l’altro, il rimborso delle tasse e dei contributi dovuti dagli studenti immatricolati ai corsi di laurea afferenti alle classi: Scienze matematiche, Scienze e tecnologie fisiche, Scienze e tecnologie chimiche, Scienze statistiche.I laureati in Italia nel 2005 nel settore scientifico (corsi di laurea pre e post riforma in Chimica, Chimica industriale, Fisica, Matematica) sono stati 4.593; i laureati nel settore tecnologico (corsi di laurea pre e post riforma in Ingegneria, Architettura e Pianificazione territoriale ed urbanistica) sono 51.330. I primi rappresentano l’1,5% del totale dei laureati, i secondi il 17,1%. Troppo pochi per un Paese che ambisce a mantenere le posizioni acquisite sullo scenario internazionale. Questo andamento è probabilmente influenzato anche dal modello produttivo italiano, dove spesso la produzione si sviluppa senza contenuti di ricerca: solo infatti l’8% delle imprese italiane è classificata ad alta intensità di ricerca, di fronte al 25% della Francia e al 30% degli USA. E’ una situazione questa che non può non avere ripercussioni sulla domanda di manodopera, inevitabilmente meno qualificata, e dunque sulle decisioni finali degli studenti in procinto di scegliere la facoltà universitaria. Tale carenza di quadri tecnici e scientifici penalizza il nostro Paese sotto gli aspetti economico e formativo, accentua il gap che ci distanzia dal resto d’Europa e pone una problematica questione di “analfabetismo scientifico” dei nostri laureati. Per questo crediamo che dai governi regionali possa venire un contributo importante per rimettere al centro queste discipline. Si potrebbe utilizzare una parte delle risorse ricevute dalla U.E. a valere sul FSE per incentivare la iscrizione alle facoltà scientifiche. Sarebbe un segnale importante e preciso per la costruzione fattiva della società della conoscenza e per avvicinarci agli obiettivi fissati a Lisbona.
Gianni Pittella - Capogruppo Ds/Pse al parlamento europeo
Roberto Speranza - Presidente Nazionale Sinistra Giovanile
La diminuzione degli iscritti alle facoltà scientifiche è un fenomeno che tocca molti Paesi dell’Europa e che, in ognuno di questi, assume significati diversi legati alla storia economica, culturale e della scienza. Nonostante il varo della strategia di Lisbona e la dichiarata ambizione dell’Europa di divenire l’economia più competitiva al mondo, scontiamo un ritardo che, senza interventi decisi e immediati, rischia in pochi anni di contribuire all’espulsione dell’Europa e dell’Italia dal “ciclo tecnologico” e più in generale, dall’agone dei Global Players che animeranno le economie e le società del nuovo secolo. Le significative differenze che in questo senso esistono tra i diversi Paesi dell’Unione non impediscono di focalizzare alcune caratteristiche comuni dei processi in atto; la crisi, infatti colpisce soprattutto le discipline teoriche (Fisica, Chimica, Matematica). Nel 1989, solo per fare alcuni esempi, gli iscritti a Matematica in Italia erano 4.396; nel 2000 sono crollati a 1.611, il 63% in meno. Nel 2003 sono risaliti a 1740, cifra ancora infinitesima rispetto a quelle delle economie emergenti. Così per gli studenti in chimica (2.274 nel 1989, 1.293 nel 2000, 1.864 nel 2003) e in fisica (3.216 nel 1989, 1.428 nel 2000, 1.974 nel 2003). Questa c.d. crisi delle “vocazioni scientifiche” si consuma all’interno di un quadro comune ma, come emerge da questi dati, assume tratti particolarmente preoccupanti per l’Italia.A partire dagli anni settanta la percentuale degli iscritti alle facoltà scientifiche (seppur serbando andamenti sinusoidali) è progressivamente diminuita. Se tuttavia nell’ ultimo periodo gli iscritti del settore tecnologico sono comunque in crescita (da 286.394 nel 2000-2001 a 307.918 nel 2004 - 2005), nello stesso periodo di tempo sono calati quelli del settore scientifico (da 31.847 a 27.030): un fenomeno che ha portato lo stesso Ministero dell’Università e la Ricerca ad intervenire con un programma di sostegno specifico per questi percorsi di studi con il D.M. 23 ottobre 2003 (Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti), che prevedeva, fra l’altro, il rimborso delle tasse e dei contributi dovuti dagli studenti immatricolati ai corsi di laurea afferenti alle classi: Scienze matematiche, Scienze e tecnologie fisiche, Scienze e tecnologie chimiche, Scienze statistiche.I laureati in Italia nel 2005 nel settore scientifico (corsi di laurea pre e post riforma in Chimica, Chimica industriale, Fisica, Matematica) sono stati 4.593; i laureati nel settore tecnologico (corsi di laurea pre e post riforma in Ingegneria, Architettura e Pianificazione territoriale ed urbanistica) sono 51.330. I primi rappresentano l’1,5% del totale dei laureati, i secondi il 17,1%. Troppo pochi per un Paese che ambisce a mantenere le posizioni acquisite sullo scenario internazionale. Questo andamento è probabilmente influenzato anche dal modello produttivo italiano, dove spesso la produzione si sviluppa senza contenuti di ricerca: solo infatti l’8% delle imprese italiane è classificata ad alta intensità di ricerca, di fronte al 25% della Francia e al 30% degli USA. E’ una situazione questa che non può non avere ripercussioni sulla domanda di manodopera, inevitabilmente meno qualificata, e dunque sulle decisioni finali degli studenti in procinto di scegliere la facoltà universitaria. Tale carenza di quadri tecnici e scientifici penalizza il nostro Paese sotto gli aspetti economico e formativo, accentua il gap che ci distanzia dal resto d’Europa e pone una problematica questione di “analfabetismo scientifico” dei nostri laureati. Per questo crediamo che dai governi regionali possa venire un contributo importante per rimettere al centro queste discipline. Si potrebbe utilizzare una parte delle risorse ricevute dalla U.E. a valere sul FSE per incentivare la iscrizione alle facoltà scientifiche. Sarebbe un segnale importante e preciso per la costruzione fattiva della società della conoscenza e per avvicinarci agli obiettivi fissati a Lisbona.
Gianni Pittella - Capogruppo Ds/Pse al parlamento europeo
Roberto Speranza - Presidente Nazionale Sinistra Giovanile
Trovate la lettera anche sul sito dsonline.it:
3 commenti:
Credo che sia un'ottima idea.. purtroppo però il contributo per le tasse universitarie decise dal precedente Governo (non so se sia stata rinnovata la cosa..).. non credo che abbia aumentato gli iscritti..
Probabilmente bisognerebbe fare informazioni negli istituti superiori che le aziende ricercano soprattutto certi tipi di specializzazioni e sostenere chi si laurea in facoltà scientifiche.
In effetti mi viene da riflettere su un fatto: che senza ha incentivare gli studenti a iscriversi a corsi scientifici se poi non trovano lavoro?
Se nell'ambito di un corso dal contenuto relativamente pratico come Statistica lo sbocco lavorativo mi pare ci sia (Alessio mi correggerà eventualmetne) così come per ingegneria (e anche gli ingegneri non sono mai abbastanza...) tuttavia per laureati in fisica chimica ecc... stante la bassa domanda di ricercatori dal settore privato nonché da quello pubblico, ha davvero senso incentivare le iscrizioni?
Ovvero... c'è bassa offerta di quel tipo di laureati, o non c'è piuttosto una bassa domanda? Insomma, non è che si iscrivono in pochi a matematica e fisica perché poi sanno che non troveranno lavoro???
Caro Marco,
chiedi a tuo fratello che cosa ne pensa delle facoltà scientifiche in Italia. E chiedigli se il fatto che lui sia andato all'estero è pura casualità o se invece dipende dalle difficoltà del sistema italiano (pubblico e privato) ad assorbire persone che vorrebbero fare ricerca :-)
Per quanto riguarda il rilancio delle facoltà scientifiche, benvenga! Senza però dimenticare che è l'intera università italiana a fare acqua da tutte le parti (molti atenei sono con il culo per terra -scusate la finezza- dal punto di vista finanziario).
Konkwy
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