mercoledì 22 aprile 2009

Perché laico

Non posso che essere d'accordo con l'articolo di Franco Monaco che su Europa dell'11 aprile scorso (l'articolo si intitola "Perché il Pd non può essere la casa dei teodem" ma è interessante al di là del caso specifico). Vi invito a leggerlo. Per Monaco i teodem sono fuori casa nel Pd perché si sottraggono all'obbligo di "un'adesione anche etica e coscienziale" ai principi-guida di quel partito, perché hanno fatto proprio un "appello sistematico alla coscienza che surroghi il dovere di elaborare e poi difendere mediazioni politiche delle quali ci si assume una collettiva responsabilità. Come altrimenti si costruisce un partito politico degno di questo nome?"

Sono d'accordo, e mi verrebbe da dire che anche a livelli ben più locali c'è chi dovrebbe ascoltare queste sagge parole, ma soprattutto è qui che è il fondamento del fare politica: unirsi, mediare, trovare una soluzione condivisa sulla base di principi ispiratori condivisi, anche se magari si parte da idee diverse in quanto alla "applicazione" di tali principi, facendo fronte comune rispetto a impostazioni di pensiero, o minacce reali, completamente contrarie ai nostri principi: "A un partito si aderisce con motivazioni forti, cioè se e in quanto ci si riconosce nel patto posto a presidio di valori che si ritiene possano essere difesi di più e meglio insieme che non in solitudine".


Il fatto che i teodem poi abbiano avuto un peso nel Pd assolutamente sproporzionato, e che loro stessi abbiano lucrato sull'equivoco per cui essi sarebbero stati rappresentanti dell'opinione della gerarchia ecclesiastica, e unici rappresentani dei "cattolici", mi fa venire in mente quanto recentemente sottolineava Stefano Rodotà, illustre pensatore laico che ha dato alle stampe recentemente "Perché laico" per i tipi di Laterza. Per Rodotà è stato un Pd privo di identità a ricercare un rapporto privilegiato con le élites del paese in quanto avulso dalla realtà sociale, per cui un partito elitario e distaccato dalla società reale ha trovato naturale dialogare con le gerarchia ecclesiastiche ignorando tutto un popolo cattolico, una base cattolica molto più avanzata delle sue gerarchie (le quali a mio avviso hanno fatto una scelta politica reazionaria dalla quale molto difficilmente e solo molto lentamente potranno tornare indietro). E' un'analisi condivisibile, perché interpreta efficacemente diversi atti del nascente Pd del 2007-2008, come le candidature di Calearo, Colaninno: piuttosto che candidare l'artigiano veneto si candida il famoso industriale, alla necessità di elaborare una proposta politica, di fronte all'incapacità di farlo, si sostituisce la candidatura illustre, che tuttavia non risolve il problema.

Credo che oggi le cose stiano cambiando, ma il monito resta e spero sia efficace.


Stefano Rodotà
Perché laico
Laterza, 2009
pp. 193

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