domenica 3 maggio 2009

Un articolo di Mario Margiocco sul Sole 24 Ore di un paio di settimane fa ("Non a tutti piace Wall-shington"), mi dà alcuni spunti interessanti.

Il premio Nobel Paul Krugman è stato tra i primi a criticare l'amministrazione Obama per l'approccio con cui stava affrontando la crisi economica globale. L'approccio statunitense è, in effetti, piuttosto semplice: eliminare i crediti "tossici", inesigibili, dal settore creditizio, depurare in questo modo il mercato bancario per permettere di far ripartire il meccanismo del credito, che ha bloccato i consumi delle famiglie, la produzione delle imprese e l'economia reale. Per fare ciò, decine di miliardi di dollari sono stati versati nelle casse delle grandi banche private americane.

Si tratta di un approccio che richiede uno sforzo enorme alle casse pubbliche e sembra quasi un "premio" alla grande finanza. Eppure la crisi del '29 fu aggravata proprio dal blocco del meccanismo del credito e dalla lentezza con cui venne affrontato il problema: Roosevelt adottò nel 1933 un approccio simile.

Eppure, ci sono anche delle differenze. In primo luogo Roosevelt accettò di selezionare quali banche dovevano sopravvivere e quali no. In questo modo venne introdotto un meccanismo di "regolazione" ex-post dell'economia, attraverso la discrezione del Tesoro nel decidere quali banche salvare e quali lasciar fallire. Obama, per ora, ha deciso di salvarle tutte.

In secondo luogo c'è una differenza importante: Obama ha lasciato anche che la Sec (la Consob americana) approvasse delle norme contabili che permettendo alle banche di edecidere autonomamente il valore delle passività inesigibili, ha fatto sì che oggi diverse grandi banche USA mostrino già conti rosei!

Infine, forse Roosevelt non aveva come ministro del tesoro un ex CEO di Citigroup.
Qualche dubbio è dunque lecito averlo, staremo a vedere come andrà.

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