martedì 10 marzo 2009

Keynes, il credito, le imprese, la crisi

La crisi economica che ha colpito le economie più sviluppate negli ultimi mesi ha riportato in auge la politica economica keynesiana. I piani di molti governi mirano a realizzare delle politiche anticicliche che riducano l'impatto della crisi finanziaria sull'economia reale.

Keynesianamente parlando, però, l'effetto sulla crescita di maggiore spesa pubblica o minori tasse non è equivalente. Ogni punto percentuale di PIL di minori tasse produce infatti una maggiore crescita pari allo 0,5% del PIL. Ogni punto di PIL di maggiore spesa pubblica produce invece ben 2% di crescita del PIL. Pur tuttavia bisogna considerare che la spesa pubblica non è indolore: fa aumentare i tassi d'interesse e "spiazza" gli investimenti privati rischiando di deprimere, sul lungo periodo, la crescita.

Come in ogni cosa, è questione di equilibrio.

Il problema principale, però, è che se l'ingranaggio del credito non ricomincia a funzionare, l'economia non riprenderà a marciare: questo è tanto più vero per quelle economie basate su piccole e piccolissime imprese che sono fortemente dipendenti dal credito bancario in quanto troppo piccole per avere una propria autonomia finanziaria.

Ecco perché la crisi economica in Italia sarà probabilmente più grave, e non meno, che in altre economie europee dove invece è stato maggiore l'impatto della crisi finanziaria. Per non dimenticare che in Italia la spesa pubblica è già molto alta e i margini d'intervento "keynesiani" assai ridotti.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

E quindi che si fa?

Andrea

Marco Rossi ha detto...

Ad esempio, sarebbe opportuno sostenere le piccole banche di credito (le BCC, le banche locali) e sviluppare forme di credito alle Pmi più efficaci, piuttosto che buttare miliardi di euro nella voragine dei grandi istituti bancari.

Anonimo ha detto...

e per sviluppare le domanda? se nessuno compra che producono a fare le aziende? So che la domanda che c'era prima era pompata dal prestito facile, e quindi i livelli precedenti forse non si raggiungeranno (meglio cosi') ma la gente ha bisogno di rassicurazioni sul futuro per mettersi a comprare.
Ma poi tutti sti soldi che si danno alle grandi banche, dove vanno a finire? a ripagare le aziende immobiliari e i finanzieri americani? E i prestiti che gli stati chiedono per trovar sti soldi perchè dobbiam pagarli noi e non posson venir diluiti nel tempo come multa alle banche che si son fatte fregare? Qua mi sa che la prendiamo nel cuculo 2 volte.

Andrea

Marco Rossi ha detto...

...a parte che oggi le aziende proprio non producono, siccome prima lavoravano prevalentemente facendosi anticipare le fatture del mese prima, e quindi tutto il sistema produttivo è bloccato.

...Il punto è che per sostenere la domanda o si agisce, secondo me, favorendo il credito al consumo (ma non mi pare il caso no? visti i precedenti...) oppure incrementando il potere d'acquisto dei ceti medio-bassi (che hanno una propensione al consumo maggiore di quelli medio-alti)...

...ma purtroppo mi pare che le politiche redistributive dei redditi non siano molto di moda...

Quindi appunto la prenderemo nel cuculo per la 2a volta :-D

Anonimo ha detto...

te pareva. Per finire faccio solo notare che dopo i primi mesi non si parla piu' di leggi del capitalismo da rifare, studiare un nuovo sistema economico e cosi' via. Questo mi preoccupa. Quelli che se ne occupano son gli stessi che han fatto il disastro, uff
vabbeh ciao

Andrea