martedì 7 aprile 2009

Sul friulano...

Oggi ho mandato a Sconfinare, il bimestrale degli studenti del corso in Scienze internazionali e diplomatiche, la seguente lettera, che è una risposta all'articolo di Francesco Scatigna, comparso a febbraio e dal titolo volutamente provocatorio "Il friulano non è una lingua".
Che ne pensate?


Caro Francesco,

ho avuto modo di leggere, con l’uscita degli ultimi numeri di “
Sconfinare”, prima il tuo articolo dal titolo provocatorio “Il Friulano non è una lingua
” sul numero di febbraio 2009, poi più di recente la replica al vetriolo di Giovanni Bernardis sul numero di aprile.
Non mi voglio dilungare sulla disquisizione sul fatto che il friulano, e qualunque altro idioma, sia o meno una lingua piuttosto che un dialetto: una disquisizione tanto annosa quanto inutile, essendo talmente labile e indeterminata, anche tra i linguisti, la separazione tra i due termini, e la definizione degli stessi, che ogni dibattito in materia risulta una semplice perdita tempo. Non dovrebbe servire far notare che spesso a stabilire se un’idioma avesse diritto al rango “legale” di “lingua” sono state guerre, cambiamenti nell’importanza economica di una regione e altri eventi storici di maggiore o minore durata nel tempo. (Quindi, a differenza di quanto tu affermi quasi in conclusione del tuo articolo, la distinzione tra lingua e dialetto è molto più fondata sul piano politico che sul piano linguistico).
Quel che conta, semmai, è l’autoidentificazione da parte di un dato gruppo di persone, chiamiamolo “popolo” se vuoi ma diciamo piuttosto un dato gruppo etnico. L’identità di un gruppo etnico ha varie basi: talvolta religiose, talvolta territoriali, talvolta appunto linguistiche. Più spesso un insieme di tutte queste cose.
Accade spesso che un gruppo etnico trovi nella lingua un forte elemento di autoidentificazione e distinzione (è il caso dei catalani, ad esempio, o dei ladini), altre volte è la religione (è il caso degli ebrei). Nel caso dei friulani, l’elemento linguistico è sicuramente predominante (certamente, anche qui, alla formazione di quest’identità concorrono tanti altri fattori, ma l’elemento distintivo nell’autopercezione degli stessi è la lingua: è friulano chi sa parlare o almeno capire il friulano). Quanto a ciò che sta alla base di tale autopercezione, che possa essere più o meno futile, più o meno storicamente fondato, non sta a nessun altro stabilirlo e giudicarlo in quanto si tratta appunto dell’autopercezione, dell’immagine che un popolo ha di se stesso. Immagino sia questo che intendi quando parli di “
questa ritenuta unicità [...] che ha spinto su questo aspetto (buono in partenza) così importante per la comunità
”.

Se questa è la situazione, risultano quanto mai difficili da comprendere, almeno su un piano razionale, talune tue osservazioni.
Innanzitutto, affermi che la tradizione è importante finché “
non diventa prevaricazione nei confronti del vicino”. In primo luogo, risulta poco comprensibile a cosa tu ti riferisca. Immagino che vedere la segnaletica stradale di alcune parti del Friuli riportare “Vignesie” accanto a “Venezia” possa suscitare confusione (in specie nei turisti: e per questo sarei d’accordo a togliere questi cartelli bilingui che rischiano di far impazzire il turista), ma non vedo come possano suscitare una qualche forma di “prevaricazione
”. Per quanto riguarda l’uso del friulano nelle scuole, per come la proposta era stata fatta (l’uso in forma veicolare quando tutti fossero stati d’accordo, o in un’altra formulazione, quando nessuno si fosse opposto) era tale, anche qui, da non prevaricare nessuno. Quindi sul piano concreto i rilievi non sussistono. Se si tiene poi conto che le ore di friulano non erano tolte a nessun’altra materia, non si vede nemmeno dove sia l’arroccamento culturale di cui parli.

Resta quindi solo da capire perché porre un diniego rispetto ad un’istanza di riconoscimento da parte di un’etnia di un elemento distintivo della propria cultura, considerato che non prevarica nessuno, non fa male a nessuno. Sarà che per formazione guardo a queste questioni con un’ottica liberale, ma così stando le cose mi posso solo porre, e credo che la politica debba sempre solo porsi la domanda “
C’è un valido motivo (razionale) per dire NO?
”. Personalmente non ne vedo.

Detto questo, mi permetto due ultime annotazioni.
In primo luogo, fai riferimento in maniera un po’ approssimativa all’uniformazione che ha subito il friulano negli ultimi anni. Nello specifico, ad essere stata uniformata per ragioni didattiche e ortografiche è la grafia e la grammatica del friulano scritto. Poi ognuno può pronunciare la parola scritta nel modo previsto dalla propria variante locale del friulano. La maggiore o minore variabilità di una lingua al suo interno è del resto dipendente da varie condizioni: nel caso friulano una certa variabilità potrà esser stata causata dalla scarsa mobilità geografica della popolazione contadina, dalle contaminazioni delle aree confinarie con idiomi contigui, o dall’isolamento geografico delle vallate alpine e prealpine.
In secondo luogo, ritengo che la politica abbia la funzione, in una democrazia, di far proprie e veicolare nelle istituzioni rappresentative le istanze della società. Mi trovo quindi difficilmente d’accordo quando affermi che del friulano “
si devono occupare i linguisti, gli studiosi di etnoantropologia, anche i sociologi. Comunque, gli studiosi. Non i politici” perché innanzitutto se emerge un’istanza dalla società, la politica se ne deve occupare, in un modo o nell’altro, altrimenti significa che la democrazia non funziona; e in infine perché se una lingua è viva e vissuta, essa è viva nella società delle persone, nella polis dunque, e non vive solo negli studi e nei simposi di linguisti e antropologi.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Per ora dico solo che l'identità culturale di un popolo va difesa, è la lingua friulana fa parte di quel bagaglio con cui i friulani si voglion distinguere. Anche se non è sufficiente a mio avviso. Comunque visto che un popolo si sceglie la lingua che vuole, sinceramente fregandosene se si tratta di lingua o no, direi che la discussione è di poca importanza. In ogni caso, se il friulano viene usato o no lo decide il popolo. Di certo la politica deve fare in modo di non mettergli i bastoni tra le ruote, aiutando quando richiesto. Quindi bene alla lingua friulana nelle scuole. La politica non deve esagerare ovviamente. Quindi male alla traduzione di tanti libri in friulano, di cui a nessuno frega nulla. Non ho letto quello che ha scritto Francesco Scatigna, ne vado a leggerlo, perchè non capisco perchè prendersela tanto.

Andrea

Anonimo ha detto...

Conosco solo marginalmente la questione del friulano, ma mi permetto di esporre la mia opinione da "friulana solo di nascita". Il punto è che, secondo me, poiché parliamo di una lingua comunque minoritaria a livello globale, la questione ad essa relativa dovrebbe occupare il giusto spazio, cosa che non accade. Mi spiego: da persona nata a vissuta in Friuli, ma che non ha mai parlato una parola di friulano in casa, non provo il minimo fastidio quando vedo i cartelli "bilingui". Non sono turbata da volantini, manifesti e libri pubblicati in friulano. Trovo invece molto stimolante l'idea di poterlo capire e studiare; tuttavia, la mia è una questione di curiosità personale. Ciò che invece mi disturba fortemente è il fatto che, come al solito, alcuni politici locali cercano di fare di questa storia il cavallo di battaglia della loro politica, discriminando molto fortemente coloro che friulani lo sono pur senza aver mai parlato una sola parola in gergo. Mi riferisco ad alcuni episodi avvenuti a livello locale, forse non molto noti, dove a spadroneggiare sono stati coloro che il friulano lo parlano e lo capiscono meglio che non l'italiano. Ecco, questo è ciò che assolutamente detesto nell'atteggiamento dei paladini del friulano: il campanilismo esasperato.
Per quel che riguarda l'apprendimento a livello scolastico, anche qui ritengo si debba attribuire il giusto valore alle cose. Si facciano quindi tutti i corsi di friulano che si desiderano, ma non a scapito di tutto il resto. Per intenderci: impariamo bene l'italiano e poi passiamo al friulano, se ci va.

Aidlyn

Marco Rossi ha detto...

Non c'è dubbio che molto spesso la questione sia stata assai esagerata, nella scala delle priorità: come dicevo, ci son cose ben più importanti. Ad esempio, ci sarebbe molto da dire sulla mangiatoia collettiva che la legge 482 sulla tutela delle lingue minoritarie sia diventata.
Resto comunque sempre dell'opinione che si dovrebbe dare tutta la libertà possibile di usare la lingua che si preferisce, per quanto minoritaria essa sia: son problemi di chi la usa. .-)
Altro discorso è quando, e non stento a credere che si sia verificata, perché le follie umane sono molteplici, siano stati discriminati chi il friulano non lo sanno: si tratta del rovescio di una stessa medaglia! E' assurdo infatti che si discrimini chicchessia in base alla lingua che preferisce usare, se non altro perché ritengo che nel 2009, e non nel XIX sec., si dovrebbe ormai dare un'importanza minima a lingue, confini e così via... siamo tutti europei, ma soprattutto dobbiamo abituarci a vivere assieme "agli altri". confini, lingue ecc. sono in fondo solo convenzioni...

Anonimo ha detto...

Sai, il fatto è che alcune menti ottuse prendono spunto da questioni di questo tipo per fare una propaganda errata, nella quale poi cadono anche persone che normalmente non avrebbero simili atteggiamenti. Anche per me la libertà di espressione (nella lingua che si preferisce) è sacrosanta. Non dovrebbe spettare ad altri che a noi stessi questa scelta. Il punto, temo, è che il linguaggio è uno strumento imprescindibile della comunicazione tra le persone e quindi spesso quella della lingua si rivela una scelta obbligata. Quello che io giudico inaccettabile è che si strumentalizzi una questione simile per poter ingigantire le differenze (e le diffidenze) tra la gente. Come giustamente dici tu, nel XXI secolo non è più un argomento accettabile per una politica volta all'integrazione tra i popoli.
Per il resto, resto un'affezionata sostenitrice del friulano, come di tutte le lingue minoritarie, perché per me la lingua è un'espressione della terra e della cultura di un popolo, dalla quale non si può prescindere se lo vogliamo capire a fondo; pur rimandendo dell'idea quindi, che si tratti di uno studio "secondario" (che non significa meno importante o trascurabile), sono contenta di sapere che non andrà perduto come è accaduto a molti altri idiomi.
Saluti,

Aidlyn

Anonimo ha detto...

La tua replica è semplicemente perfetta ed equilibrata, Marco Rossi!