venerdì 29 agosto 2008

Chi non lavora

Nella nostra regione, il tasso d'occupazione femminile è nove punti percentuali inferiore al tasso d'occupazione complessivo: 54% contro 63%. Di conseguenza, il tasso di disoccupazione femminile è più alto di due punti. In Europa la situazione è simile.

L'articolo 3 della Costituzione stabilisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana. Eppure nel 2008 permangono condizioni che impediscono un eguale accesso al mercato del lavoro, mentre ulteriori dati indicano che la situazione retributiva delle lavoratrici è comunque svantaggiosa rispetto ai colleghi maschi. Quella femminile, inoltre, è spesso una condizione di sottoccupazione forzata. Sono donne la gran parte (circa l'80%) dei lavoratori part-time, e nel 30% dei casi quella a tempo parziale è stata l'unica soluzione per ottenere un lavoro, percentuale significativamente inferiore a quanto avviene in altri paesi, in specie nel Nord Europa dove il part-time femminile è riuscito invece a conciliare pià agevolmente lavoro e maternità, sostenendo di conseguenza anche il recupero dei tassi di natalità (in Svezia siamo oltre i 100 nati ogni 10mila abitanti, in Italia attorno invece agli 80 nuovi nati soltanto).

Agevolare l'accesso delle donne al lavoro, e agevolarne la conciliazione flessibile tra lavoro e accudimento della prole, permette di sostenere anche la natalità: una condizione imprescindibile per mantenere un'equilibrata struttura demografica, evitando che un invecchiamento della popolazione faccia gravare la produzione e il sostentamento di chi è uscito dal mercato del lavoro su una base sempre più ristretta di lavoratori.
Peraltro, ad aggravare la situazione, c'è in Europa il forte divario tra condizione lavorativa dei più giovani e quella dei loro padri. E' in crescita ed estremamente grave la disoccupazione intellettuale (di chi è in possesso di laurea) mentre, in ogni caso, la disoccupazione giovanile a livello europeo è attorno al 17%, mentre quella generale è inferiore all'8%. Il welfare state europeo attuale, in effetti, protegge solamente chi oggi ha un lavoro, ma non riesce a garantire un'occupazione alle nuove generazioni.


Dati: Eurostat, 2005

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Purtroppo essere donna in Italia non è proprio un vantaggio. Non voglio creare fraintendimenti: sono contentissima e orgogliosa di appartenere a questa categoria, ma non è di questo che si discute.
Tempo fa, parlando con una conoscente di poco più vecchia di me (un paio d'anni), ho ascoltato quanto segue: ad un colloquio di lavoro, la persona addetta alle assunzioni se n'è uscita con la domanda/minaccia "Ma dal suo curriculum risulta che lei è nubile... per caso convive? Non è che ha intenzione di fare un figlio a breve scadenza, vero?!"
Credo che la situazione esposta si commenti da sé.
Per quanto mi concerne, ritengo che rientrerò a breve nel gruppo di donne lavoratrici/part-time (questo se sarò fortunata) e probabilmente avere dei figli sarà uno dei tanti sogni da chiudere nel cassetto. Dico "probabilmente"... forse avrei dovuto dire "per certo", ma sono una sognatrice e continuo a sperare. Del resto, forse toccherebbe in primis a noi donne ingranare la marcia e smettere di pensare che il massimo della vita sia stare a casa con i figli O avere uno straccio di lavoro senza i soliti "se e ma" e cominciare a credere che le due cose non si escludano a vicenda. Intanto si potrebbero eliminare buona parte dei falsi miti proposti dalla politica italiana... che non sarebbe un cattivo inizio. A presto,

Aidlyn

Marco Rossi ha detto...

Penso che molte donne, spinte dalla necessità economica (spesso uno stipendio solo non basta, anche se si vive in due), o dalla volontà di realizzarsi (oggi si dice così, ma si tratta in fondo di aspirare alla realizzazione delle proprie aspirazioni), decidano di mettere nel cassetto il sogno di avere dei figli.

Per questo dico che andrebbero incentivate soluzioni che permettano di conciliare maternità e lavoro (immagino entrambe delle legittime aspirazioni): part-time volontario (e non obbligato), asili nido aziendali, congedi parentali più flessibili ecc...