mercoledì 11 giugno 2008

Capitale e lavoro... e sindacato

Leggevo su Repubblica di ieri o l'altro ieri, un articolo che, partendo dalle proposte del ministro Sacconi e della Confindustria targata Marcegaglia (individualizzare i rapporti di lavoro), faceva un'analisi della funzione e del senso del sindacato.

Ora, io sono un forte critico del sindacato italiano. Difficile non imputargli gravi errori, molta autosufficienza e scarsa democrazia interna. Certamente, il sindacato italiano ha notevoli responsabilità, ad esempio, nella situazione di Alitalia. Mentre le inchieste di Report hanno svelato gli intrecci tra dirigenti sindacali e dirigenti aziendali in una grande azienda pubblica come le Ferrovie. Insomma, nessuno è un santo, si sapeva.

Tuttavia, ci siamo chiesti cosa significa che i rapporti di lavoro, i contratti, siano completamente individuali? La disparità nel potere contrattuale tra lavoratore e datore di lavoro è tale, per cui già nell'Ottocento i lavoratori compresero che potevano controbilanciare tale divario associandosi.

Quest'esigenza c'è ancora oggi.

Certo, si può benissimo pensare che un sistema in cui una rete sociale di prtoezione, un'ampia mobilità della forza lavoro e una facilità di accesso a nuove posizioni lavorative, renda meno necessaria la contrattazione collettiva, quella cioè che i grandi sindacati di categoria (tipo la UILM o la FIOM dei metalmeccanici) fanno a livello nazionale e vale per tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato.

Certo, ma:
1 - in Italia non siamo in Svezia: questa rete sociale non c'è, e anzi il centrodestra da anni fa di tutto per smantellarla;
2 - resterebbe comunque la questione salariale: il potere del singolo è talmente inferiore a quello del datore di lavoro, che pur di lavorare sarebbe costretto ad accettare condizioni di lavoro svantaggiose; ciò anche perché una libera contrattazione andrebbe a favore del lavoratore solo in situazioni di penuria di manodopera, e di non concorrenza internazioanle dei salariati.

Ma i salariati di oggi:
a) sono esposti alla concorrenza di oltre 2 milioni di disoccupati, e
b) sono esposti alla concorrenza dei lavoratori dei paesi a basso costo del lavoro.

Insomma, l'idea di individualizzare i rapporti di lavoro non regge. A meno che l'obiettivo non sia SOLO il profitto aziendale.
Forse un conflitto tra capitale e lavoro c'è ancora. Forse un po'. Pacatamente. Ma anche.

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