lunedì 2 aprile 2007

Diritti sì ma no... al Vaticano ragionano?

Voglio soprassedere alle recenti afffermazioni del mons. Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Voglio soprassedere sulla assai criticabile commistione tra omosessualità, pedofilia e quant'altro fatta pubblicamente dal vertice della Chiesa italiana.
Però non voglio e non posso evitare di far notare l'irrazionale posizione ufficiale del Vaticano sul tema dei diritti delle coppie omosessuali. Mons. Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, ha ieri parzialmente rettificato quanto detto da bagnasco affermando che la Chiesa cattolica non vuole certo discriminare le coppie omosessuali, e che è anzi disponibile a riconoscere loro dei diritti ma non a riconoscere giuridicamente delle coppie.
Ora, la posizione della Chiesa è stata esplicitata in questi termini: sì a determinati diritti come quello alla successione o all'assistenza medica, no alle coppie riconosciute giuridicamente.
Quanto questa posizione, che sembrerebbe, condivisibile o meno, ragionevole, sia invece frutto di persone che parlano in malafede o, quantomeno, mentono sapendo di mentire, lo si deduce da alcune semplici considerazioni.
1 - l'ordinamento giuridico italiano è un ordinamento di diritto positivo, di civil law, dove quindi gli accordi privatistici tra le parti hanno valore solamente tra le parti che si sono impegnate. Tali accordi non possono impegnare terzi e non sono opponibili a terzi;
2 - un negozio giuridico tra due o più parti diventa opponibile a terzi nel momento in cui è reso pubblicamente conoscibile a terzi dopo che ne sia stata riconosciuta la validità... cioè avviene attraverso la registrazione nella forma di atto pubblico;
3 - nel caso delle norme successorie, poiché il Codice Civile riconosce determinate categorie che sono inderogabilmente dei successori legittimi, e poiché limita in generale a 1/3 la quota di eredità che è delle libera disponibilità di scelta del morituro, ne consegue che: in mancanza di testamento, il convivente non ottiene nulla; in presenza del convivente, questi ottiene solo la quota che gli sarà destinata qualore il convivente defunto abbia deciso, sua sponte, di concedergli qualcosa;
4 - appare evidente che, dunque, affermare che per risolvere il problema delle successioni in coppie conviventi sia sufficiente fare testamento, significa non considerare che: 1) se uno muore senza averlo fatto (e il testamento non è obbligatorio) l'altro convivente non è tutelato, e 2) in ogni caso ci si affida alla buona volontà di una parte, la legge cioè non tutela in nessun modo il "contraente debole", ovvero quel convivente che potrebbe trovarsi in difficoltà economica e magari escluso dal convivente;
5 - analogamente, l'assistenza medica e carceraria, poiché viene concessa dalla P.A. o cmq sulla base di norme di legge, può essere derogata solo da altre disposizioni di legge. Quindi non basta firmare un patto privato, di nessun valore verso terzi né tantomeno verso la P.A., perché nessun medico o dipendente pubblico sarà tenuto a tenerlo presente, anzi NON POTRA' tenerlo presente salvo esporsi a conseguenze disciplinari;
Ebbene, con quanto detto mi pare evidente che chi dice "basta un contratto privato" o "basta il codice civile" significa che parla in malafede!

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